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BARBIE_DUEQuand’ero piccola, subiva da me certe sottili crudeltà che, a ripensarci oggi, erano un po’ l’equivalente del rapporto tra sorelle. Ad esempio, m’improvvisavo parrucchiera. Non ero mai soddisfatta dei capelli che aveva in dotazione, e allora tentavo permanenti improbabili, tagli vergognosi, e tinture ancora peggiori, che mi procuravo dopo aver fatto scoppiare una biro qualsiasi. Sto parlando di Barbie.

Credo di non esser stata l’unica a nutrire sensazioni contrastanti, a volte contraddittorie, verso la platinata donna di plastica. Presumibilmente è inevitabile, quando ci si confronta con qualcuno/qualcosa attraverso cui, in un modo o nell’altro, passa ciò che scegliamo di diventare. Fortunatamente c’è chi ha saputo interpretare tutto questo con risultati migliori, in un certo senso artistici, e quasi certamente senza ritrovarsi con le mani chiazzate di blu rosso o nero come all’epoca succedeva alla sottoscritta. Sto parlando di Mariel Clayton, fotografa dell’Ontario.

In un suo lavoro vediamo Barbie intenta a godere appieno delle gioie del Natale. Una coperta sulle gambe, una tazza di te, biscotti, ed un frugoletto sul pavimento. Accanto, un bell’albero addobbato, a scaldare gli animi  donando mille buoni propositi. Se non fosse che in cima all’albero non c’è solo la classica stella, ma anche la testa di Ken. A terra una sua mano mozzata, mentre ancora impugna il sacco contenente i doni, e poco più in là c’è l’arma del delitto, un coltello.

“Odio intensamente lo stereotipo incarnato da Barbie. Nessuna donna può diventare come lei senza una quantità spropositata di perossido, ventisette interventi di chirurgia plastica, e la totale mancanza d’intelligenza. E’ per ciò che mi irrita enormemente che sia questa la bambola con cui le madri hanno scelto di far confrontare le figlie”. Clayton esprime con franchezza e non poco coraggio ciò che pensa a proposito della bionda plastificata. “Barbie non ha altro che i suoi vestiti, e il fatto che ‘è una femmina’. Ma che cosa vuol dire poi ‘essere una femmina’? Essere un involucro vuoto con tette così alte che arrivano alle orecchie? Spadellare in cucina o giocare con vestiti e accessori per l’ennesima volta, in modo che Ken ti trovi carina?”

Le scene della vita di Barbie e Ken che Clayton sceglie d’immortalare sono al nostro sguardo inconsuete, come minimo. Ma alzi la mano chi non ha mai sospettato che dietro quei rossetti fiammanti, quei sorrisi da paresi facciale, e l’inconfondibile odore di cellophane, ci fosse dell’altro. Le mamme di noi donne devono aver congiurato per nascondere questa parte della storia. Sì, perché come raccontano i suoi scatti, tra gli hobby di Barbie non c’è solo l’omicidio, ma anche la sodomia, le orge ed il bondage. Ken come non l’abbiamo mai visto, con indosso un bikini, con i bigodini, o i procinto di essere penetrato da peni robotici. Dal canto suo, la platinata di plastica se ne va in giro senza accorgersi di aver partorito, nonostante il cordone ombelicale ed il neonato insanguinato, presa com’è dal suo cellulare.

Si potrebbe pensare che gli scatti esprimano la frustrazione ed il rancore di una sorta di mantide religiosa, qualcuna che gli uomini li sbranerebbe, tanto per intenderci. E invece il pensiero della Clayton in merito al femminismo ed al rapporto tra sessi è spiazzante. In modo indubbiamente salutare. “Sono anti – femminista. Non credo nel femminismo, perché penso che il messaggio che il ‘femminismo’ cerca di trasmettere ha finito per confondersi con la ridicola e scorretta demonizzazione dell’uomo. Non credo che uomo e donna siano uguali, perché, razionalmente, non lo sono. Comunque ciò non significa che non dovrebbero essere trattati nello stesso modo, ma non è questo che interessa al femminismo. Penso che gli uomini siano stati de-mascolinizzati dai media contemporanei, ed il femminismo gioca un ruolo importante nel perpetuare e alimentare questo meccanismo di svalutazione della loro figura. […] Se qualcosa va storto, il femminismo sostiene che è colpa dell’uomo se la donna non si realizza nel lavoro. E’ colpa dell’uomo se la donna non si sente capita. E’ colpa dell’uomo che non è abbastanza sensibile per comprendere che la donna si sente schiacciata. E’ colpa dell’uomo perché non le offre sostegno e supporto, ma se poi invece lo fa, è comunque colpa sua, perché tacitamente è come se le stesse dicendo che lei non è in grado di cavarsela con le proprie forze. Così il femminismo ha confuso tutto, ed è quello che mi disgusta. Credo che le donne ( e gli uomini) dovrebbero smettere di preoccuparsi degli ‘ismi’ e impegnarsi. Sentirsi responsabili del corso della propria vita, indipendentemente dal genere a cui appartiengono”.

In linea con la cifra ironica che attraversa i suoi scatti, Clayton non ha pretese sociologizzanti, né assume pose da pensatrice post-moderna. “Non porto avanti un’agenda, né un messaggio sociale. Semplicemente credo che il mio lavoro sia divertente: la fantastica Barbie, lo zuccherino, la psicopatica”

(Tristemente) significativo il fatto che i commenti negativi siano di alcune donne (“gli uomini sembrano cogliere l’umorismo della cosa”) .La fotografa comunque non sembra preoccuparsene troppo. “Il mio lavoro non è per tutti, ma mi piace”, scrive infatti sul suo sito.

Fa discutere, provoca, rimette in discussione il concetto stesso di limite, ma senza dubbio suggerisce, tra le pieghe, un altro modo d’intendere l’esser donna. Suggerisce (neanche troppo) tra le righe che dignità ed espressione dell’esser donna non passano attraverso l’annientamento del maschile, salvo poi far propri i maschilismi peggiori del più antico cavernicolo. E’ per questo che non sono tanto sicura che mi piacerebbe avere come amica una delle protagoniste di “Sex and the City”, ma probabilmente con una come Clayton scambierei volentieri quattro chiacchiere davanti ad un caffè.

 

3 responses to “Quello che tutti abbiamo sempre sospettato su Barbie”

  1. interessante, partire dall’antesignana delle veline, dal patinato sogno americano della perfezione tra le parti; per condurci invece sul terreno molto più pratico e reale delle difficoltà sotoriche e sociali

  2. ricordo la delusione da bambino, quando di nascosto spogliavo la Barbie di mia sorella, tutta quella liscia plastica inquietante… 😀
    hai centrato il punto, credo, la moderna donna single sex-and-the-city passa perlopiù la vita nel circolo bastante delle amiche, sport preferito il tiro al maschio, uno straordinario sistema per rimanere sole tutta la vita!

    A

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