“In un (auspicato) Risorgimento del giornalismo italiano, noi la nostra parte l’abbiamo fatta partendo da Genova, proprio come i Mille, per raggiungere l’Italia intera. La strada da fare è tanta, ma Roma non è poi così lontana…” Si presenta con queste parole lo staff di Politicometro , che nel marzo dello scorso anno ha portato in Italia il fact checking, metodo che prevede il monitoraggio del grado di veridicità delle dichiarazioni di uomini pubblici e politici attraverso il confronto con dati quantitativi. Politicometro è nato all’Università di Genova, durante una lezione di Storia del Giornalismo; la squadra di lavoro è composta da ragazzi di età compresa tra i 22 ed i 27 anni. Il progetto ha mosso i primi passi in occasione delle amministrative di Genova, e da lì non si è più fermato, proseguendo con il fact checking delle primarie del centrosinistra, e delle scorse politiche.
Qui di seguito l’intervista a Matteo Agnoletto, direttore di Politicometro.
Da quali esperienze di studio e/o professionali provengono i redattori di Politicometro? Qual è il metodo che utilizzate per il fact checking, e quali le fonti a cui fate riferimento per il riscontro dei dati?
La provenienza dei redattori è abbastanza eterogenea anche se la maggior parte ha compiuto studi in giornalismo e maturato esperienze da freelance in diverse testate. Il nostro fact-checking si divide in diverse fasi: scelta dei politici da “checkare”; scelta delle dichiarazioni da prendere (solo quelle con dati riscontrabili); ricerca delle fonti primarie ove possibile, e del maggior numero di ricerche sul tema se i dati in questione non fossero presenti in nessun archivio “ufficiale”; giudizio finale sulla dichiarazione.
Come definireste la campagna elettorale appena conclusa? E che rapporto avete riscontrato tra il grado di credibilità dei vari candidati e i voti da loro ottenuti? Un rapporto di proporzionalità diretta o inversa?
Questa campagna elettorale ha avuto il difetto di non decollare mai, evitando di soffermarsi su tanti temi importanti per fossilizzarsi con molta confusione su pochi punti. L’unico paragone che possiamo fare per il nostro lavoro è con la campagna per le primarie del centrosinistra, che abbiamo trovato più avvincente, trasversale e ricca di contenuti. Dal nostro punto di vista non si può parlare di rapporto tra grado di credibilità dei candidati e voti ottenuti, almeno qui in Italia. Culturalmente non siamo ancora abituati a inquadrare i candidati sotto questo punto di vista, quindi crediamo che ancora una volta abbiano vinto altri elementi come le ideologie, il saper entusiasmare, il fare promesse strabilianti e raccogliere un disagio diffuso.
Che genere di feedback avete ricevuto dagli utenti/lettori di Politicometro? (segnalazioni di dichiarazioni da verificare ecc ecc)
Tanti complimenti, qualche critica – soprattutto in nome di ideologie da difendere a dispetto dei dati – ma soprattutto una gran voglia di partecipare e collaborare. In molti ad esempio hanno apprezzato le nostre verifiche in diretta durante i talk show televisivi in prima serata e da allora hanno iniziato a suggerirci altre dichiarazioni da verificare prese da altri programmi, in un auspicato Politicometro 24h.
Grillo è una figura indiscutibilmente anomala nel panorama politico attuale, ma il ruolo di comunicatore/garante del movimento che si è dato lo pongono inevitabilmente all’interno del racconto mediatico della politica. Quale atteggiamento adotterà Politicometro nei confronti della sua figura politica? Da qui in avanti riprenderete a monitorare anche le sue dichiarazioni?
Politicamente parlando Grillo è una figura anomala, impossibile da inquadrare secondo i criteri canonici. Il nostro lavoro è stato incentrato sul monitoraggio dei candidati premier e dei politici candidati in Parlamento, per questo motivo Grillo è stato escluso dal nostro fact-checking. Per il futuro troveremo il modo di monitorare anche i parlamentari del Movimento 5 Stelle (come già avevamo fatto nel 2012 a Genova con il candidato sindaco Paolo Putti), aggirando il loro divieto di partecipare ai talk show televisivi.
Nonostante il fact checking sia un utile strumento interpretativo di notizie e dichiarazioni fornito ai cittadini, qualcuno esprime delle riserve al riguardo, perfino dall’interno del mondo giornalistico (e con mia grande sorpresa, ndr). Ho raccolto io stessa una considerazione al riguardo da un giornalista “perché l’impostazione folle del giornalismo postindustriale non paga abbastanza i giornalisti per permettere loro di esercitare la loro professionalità. non solo, con questa figura (il fact checker, ndr) ne incrina parecchio o un po’ di meno (dipende dal giornalista e dalla testata), la credibilità. Questo porterà a un peggioramento ulteriore delle condizioni dei giornalisti. che prima o poi vedranno essiccarsi anche la ragione del professionismo. Poi i f.c. che faranno? nomineranno gli gnomi del fantabosco per sopperire alla gravosità del loro compito. Il mercato va in quella direzione, non significa che sia la cosa migliore. Il giornalismo di qualità costa. Gli utenti dovrebbero farsene una ragione. Che poi questo costo sia ripartito tra una primadonna e un’ancella, si potrebbe anche discutere (a me non sembra carino)”. Come rispondete a questo genere di obiezioni?
Il primo problema è che la figura del fact-checker non dovrebbe neanche esistere, in quanto la verifica delle dichiarazioni è un compito che ha qualsiasi giornalista. In un momento di crisi del mondo dell’informazione come quello che stiamo affrontando in Italia, è comprensibile che si scatenino guerre per difendere i propri interessi, ma di sicuro non è il fact-checking la causa dei mali e dei licenziamenti nelle redazioni. Guardando anche al di fuori dei nostri confini nazionali, in Germania, Regno Unito e Stati Uniti, il fact-checking e i fact-checker sono riconosciuti e hanno un valore importantissimo nelle loro realtà giornalistiche. Certo, non si può pensare che la verifica dei dati sia una Bibbia da seguire dogmaticamente per orientare voti e consensi. Va però considerata come uno strumento in più per farsi un’idea sempre più chiara e approfondita sulle persone a cui abbiamo demandato (o pensiamo di demandare) il nostro potere.
Qual è il progetto editoriale a cui state lavorando adesso, sia in termini contenutistici, che in termini di fondi e/o fonti di finanziamento?
Il progetto più grande, e che ci sta impegnando maggiormente, è l’edizione cartacea del Politicometro in freepress mensile. Abbiamo lanciato il primo numero in concomitanza con le elezioni coprendo Genova, Milano e Torino. L’obiettivo ovviamente è di ampliare la distribuzione sul territorio nazionale e di confezionare un prodotto sempre migliore. Dal punto di vista dei contenuti, al classico lavoro di routine aggiungeremo un monitoraggio specifico sul governo, una volta che (se) verrà nominato. Per quanto riguarda fondi e finanziamenti, abbiamo aperto una campagna di crowdfunding (ben visibile nella nostra homepage) per cercare di trovare un padrone: i nostri utenti
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