La condivisione di una storia di dolore, quale che ne sia la specifica origine, suscita empatia, spinge a riflettere, talvolta, ma lo stacco che esiste tra impatto emotivo, e agire concreto, fattivo, è spesso significativo, e non sempre si è capaci di colmarlo. Basti pensare alla violenza sulle donne, che spesso è il piatto principale del menu di telegiornali, rotocalchi d’approfondimento e periodici, il cui approccio ai fatti è però paragonabile a una sorta di fast food delle notizie.
Un tema, quello della violenza sulle donne, complesso e delicato, per il quale individuare una chiave di lettura – e azione – propositiva, per le vittime e per la collettività, non sempre è facile. Eppure, l’esperienza di Casa Lorena ci dimostra che questo è possibile, oltre che necessario, soprattutto nei contesti più aspri e intricati.
Casa Lorena si è insediata a Casal di Principe (Caserta) in quella che in passato è la stata la villa fortino di Dante Apicella, esponente del clan dei casalesi. Dopo esser stata sottratta alla camorra, nel 2012 è diventata un centro di accoglienza per donne che hanno subito violenza e che porta il nome di Lorena Cutraro, la quattordicenne stuprata e assassinata nel 2008 a Niscemi (Caltanissetta) da una baby gang.
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