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«Dio mio, l’adorava perfino quando si scaccolava. Se in quel momento l’avessero costretto a scegliere tra guardare Cicely scaccolarsi o essere lentamente spompinato, a turno, da Brigitte Bardot e Julie Christie, non avrebbe avuto il minimo dubbio».

Vi è mai capitato di provare a immaginare la colonna sonora delle scene clou di un libro che vi ha appassionato visceralmente? Nel mio caso, il libro in questione è La banda dei brocchi di Jonathan Coe, da cui è tratta la frase di cui sopra. Non appena l’ho ascoltata per la prima volta ho realizzato: la musica di Porcelaine Raft (dietro cui si “nasconde” l’artista romano Mauro Remiddi), sarebbe il commento sonoro ideale di almeno un paio di romanzi dell’autore inglese.

Malinconiche come il primo boccone di autunno intriso di pioggia settembrina, languide come desiderio che anela appagamento, trasognate come l’attimo dopo il risveglio, quando le labbra serbano il sapore dei sogni appena conclusi. Le sonorità di Porcelaine Raft raccolgono tutto questo, e portano traccia, al tempo stesso, del loro creatore, il quale ha visto il suo notevole potenziale artistico concretizzarsi e riscuotere successo fuori dall’Italia.

Durante il periodo londinese Remiddi milita con i Sunny Day Sets Fire, per poi traslocare a New York, dove vede la luce nel 2012, dopo numerosi e pregevoli singoli, il primo album, Strange Weekend (Secretly Canadian). Un lavoro, questo, da cui emerge chiaramente che Porcelaine Raft ha saputo cogliere e metabolizzare sfumature della nostra contemporaneità musicale sfuggenti. Nasce così un sound inconfondibile, che emana una luce cangiante tanto inafferrabile quanto affascinante, definito da alcuni «gassoso e luminescente, capace di avvolgersi in morbide spirali rarefatte che si insinuano negli strati più fluttuanti del pensiero». Strange Weekend regala all’ascoltatore un caleidoscopio di sensazioni e immagini, partendo da sonorità new age (Is It Too Deep For You?), passando per la brina che pare scricchiolare sotto le dita (Drifting In And Out), e arrivando a un’atmosfera densa di rugiada (Put Me To Sleep). Il disco ha in sé l’eco di figure di spicco del chillwave, tra cui Washed Out, Neon Indian, Memory Tapes e M83.

Hanno scritto in proposito: «Strange Weekend si propone come una sorta di manifesto paradossale: è questo infatti il dream-pop immaginato da corrieri cosmici in pantofole nella solitudine metropolitana dei loro monolocali in subaffitto. È questo il suono abulico e tenerissimo della nostra solitudine disperatamente autosufficiente. In punta di piedi, sussurrato con la voce bassa (per non disturbare gli altri inquilini) e con le persiane abbassate. Che sia giorno o notte poco importa. Le città non dormono mai».

Nel 2013 è la volta del secondo album, Permanent Signal (Secretly Canadian), che sancisce uno stacco dal precedente lavoro: se infatti quest’ultimo era stato caratterizzato dai synth, ora è il momento di dare “la parola” a piano e archi, ampliando così la gamma cromatica e sonora. Il tono adesso è più pacato e onirico, il suono meno delineato ma più stringente dal punto di vista emotivo. Nel disco convivono atmosfere luminose (Open Letter) e accenti psichedelici (Minor Pleasure), intensi momenti introspettivi gentilmente offerti da piano e tromba (I Lost Connection) e distorsioni elettrorock (It Ain’t Over)

Porcelaine Raft riesce nell’impresa (ardua il più delle volte) di coniugare una sorprendente capacità evocativa con una disarmante delicatezza. Ritaglia uno spicchio preciso di mondo – il suo, mondo – in cui ciascuno riesce a trovare il suo posto, con semplicità e naturalezza. Come una fiaba ricca di simboli dai molteplici, possibili, significati. Così non resta che aspettare che Remiddi confezioni il prossimo sogno, per condividerlo e regalarlo ai suoi estimatori.

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8 responses to “Porcelaine Raft, dream pop gusto fragola”

  1. Intanto un saluto, ciao.
    In seguito ti posso dire che a me era piaciuto molto Strange weekend, ma non ho ancora ascoltato (e non so neanche perchè) Permanent signal anche se è uscito da un bel po’. Il tuo post però ha fatto in modo di farmelo caricare su deezer in ascolto.

    1. lieta di essere stata “utile” in questo senso. dopo che lo ascolti, fammi sapere che ne pensi 🙂

      1. Agli ordini. Sarà fatto.

      2. Ogni promessa è debito.
        Ho ascoltato un po’ di volte questo Permanent signal e penso che sia leggermente inferiore al precedente. Ci sono ottimi pezzi non voglio dire questo, ma nell’insieme preferivo sopratutto le melodie che era riuscito a creare con il primo.
        Preciso ancora che comunque è un buon disco e visto che l’ho sentito solo un tre/quattro volte salirà qualche scalino sicuramente.

      3. …concordo in pieno “Strange weekend” è una perla nel suo genere 🙂

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