Cosa rende una foto unica e irripetibile? Certamente lo sguardo di chi l’ha scattata, in quanto, cogliendo il nucleo di bellezza dell’oggetto che ha davanti, riesce a “rappresentarla” restituendola ad altri occhi.
Il blog Kalosf è una collezione di istantanee cangianti e sorprendenti, così come la realtà a cui si ispira. A colpire la sua attenzione può essere un paesaggio mozzafiato e una stanca finestra. Ma anche una piazza allagata di luce.
Il tutto viene poi (re) interpretato attraverso un filtro inconfondibile: la sensibilità. Nascono così immagini straordinariamente efficaci nella loro immediatezza. Veri e propri varchi su emozioni e stati d’animo universali, in cui tutti possiamo riconoscerci.
Perciò, ringrazio il blogger Kalosf per la disponibilità e la gentilezza con cui ha colto il mio invito a una chiacchierata intorno ai suoi lavori.
Come e quando è nata la tua passione per la fotografia?
Qualcosa durante l’adolescenza, poi nulla per molti anni. Finché, circa un anno fa è arrivato in modo inatteso il mio iPhone 5, che mi ha dato gli strumenti per esprimere il mio mondo interiore attraverso le fotografie.
Infatti, la mia ricerca è intessuta più di intimità, che di estetica. Ciò che i miei “amici” virtuali vedono è solo la punta dell’iceberg.
Tuttavia, per giungere al risultato desiderato riesco a lavorare su una sola fotografia per un tempo piuttosto lungo. Questo poiché non deve “convincermi” cerebralmente, bensì toccare il mio istinto interiore, tintinnare negli angoli bui della mia anima. Solo allora viene editata in modo definitivo.
Com’è nata, invece, l’idea di aprire il blog Kalosf?
Cercavo uno spazio che fosse a mia disposizione, non soggetto alla dittatura dei likes.
Avevo bisogno di un luogo flessibile nel quale potessi avere una completa libertà di formato. Il blog Kalosf mi è sembrata la scelta migliore.
Per poi soddisfare la curiosità dei miei amici” virtuali – soprattutto dinanzi a composizioni a volte difficilmente comprensibili a causa della loro estrema astrattezza – ho poi voluto la pagina Facebook Le briciole di Kalosf. Qui confluiscono tutte le prove, gli inediti, gli originali e i percorsi fotografici che precedono un determinato risultato.
Un’immagine che scatteresti per descrivere/rappresentare il rapporto con chi segue Kalosf
Non la scatterei. Ce ne vorrebbero molte, una per ciascuno dei miei amici o almeno una per ciascuno di coloro che interagisce attivamente con le mie foto (od i miei rarissimi scritti).
L’idea che mi ha infatti condotto a creare Kalosf non è stata quella di intessere relazioni personali con i miei amici virtuali. Ho desiderato e desidero solo porgere alla loro attenzione una possibilità contenuta nella realtà. Uno squarcio di possibile attraverso la luce.
Come un rintocco che tocca me e loro in un’eco infinito, ma è “oltre” di noi. Ed oltre perfino le relazioni virtuali che possono nascere all’interno del blog Kalosf. Io sono cioè del tutto secondario rispetto alle mie foto (e al loro messaggio).
Specchiarsi (come di silenzio)
Virtualità/realtà: separazione netta o contaminazione reciproca e/o virtuosa?
Non esiste la virtualità. Esiste solo la realtà. Il mondo virtuale è possibile solo perchè esiste il mondo reale. Non c’è alcuna contraddizione. Il mondo virtuale è uno strumento. Nient’altro.
Solo uno sguardo non aderente al reale può, a mio avviso, creare delle sovrapposizioni non coerenti (cosa che vedo purtroppo accadere sempre più spesso a causa dello scollamento progressivo con il concreto che sta avvenendo nella nostra società, dove ai desideri non corrisponde più il discernimento sulla loro attuabilità, ma la “necessità” di renderli concreti “ora e subito”)
Com’è cambiata – se è cambiata – la tua vita dopo aver aperto Kalosf
La mia vita non è cambiata. Per tre volte, nel mio passato ho cambiato vita in modo radicale e gli eventi che hanno modificato il suo corso sono stati profondi ed a volte serenamente dolorosi. Il Kalosf non ha una tale rilevanza. E’ un accessorio gradevole. Gradevole appunto. Ma non necessario.
(Clicca qui per visitare il blog di Kalosf)
(A questa pagina, invece, trovi l’intervista alla blogger Dear Miss Fletcher
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