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“Non importa chi fosse mio padre; importa ciò che mi ricordo che fosse”

(Anna Sexton)

La vita è il susseguirsi continuo di stagioni diverse. Ad un certo punto ci ritroviamo ad essere i genitori di nostra madre e/o nostro padre. Così, dobbiamo restituire loro un po’ della cura, delle attenzioni e del tempo che hanno dedicato alla nostra crescita.

Questa staffetta, però, può avvenire all’improvviso: non c’è modo di prepararci, soprattutto psicologicamente. Gli eventi incalzano, e ci impongono la ridiscussione di identità e ruoli. Si avvicina il momento in cui non saremo più figli, ma solo persone e, forse, genitori a nostra volta.

È una fase in cui si mischiano – e a volte confondono – dolore, frustrazione, rabbia e difficoltà a lasciar andare. Cambiare pelle è tutt’altro che facile, anche se possiamo contare su un buon rapporto costruito negli anni con loro.

Il tutto si complica ulteriormente quando ci si deve spogliare del ruolo di figlio senza neppure averlo potuto vivere appieno. Succede quando viene a mancare un genitore mai – o poco – conosciuto . È come perdere una gamba, e fare i conti con una macchia nera che rende difficile decifrare la nostra storia personale.

Questo è il tema principale di Luxembourg, Luxembourg, il più recente lavoro del regista ucraino Antonio Lukich.

Il film è stato girato prima dello scoppio della guerra in Ucraina. Presentato nel 2022 alla Mostra del Cinema di Venezia (sezione Orizzonti), ha vinto l’ultima edizione del Karawan Fest.

Luxembourg, Luxembourg: due vite e un silenzio

I tre protagonisti sono i gemelli Kolya e Vasya – fisicamente identici, ma diversissimi ed anzi contrapposti per indole e priorità – e l’ombra di un padre da sempre lontano. Anno dopo anno, il confine tra verità e leggenda metropolitana rispetto a ciò che si racconta su di lui, si è fatto indistinguibile. Sono certe solo un paio di cose: è serbo e gravita nel mondo della malavita.

Kolya e Vasya vivono a Lubny, nella regione di Poltava (Ucraina).La loro quotidianità sembra ormai stabilmente incanalata su due binari precisi. Il primo fa l’autista di autobus e arrotonda con un secondo lavoro nel commercio; di sera guida la macchina del padre che ha ritoccato. Scavezzacollo e fuori dai canoni, coltiva da sempre il ricordo ed il dialogo interiore con lui.

Vasya è un poliziotto alle prese con una carriera che stenta a decollare a causa del “lascito” paterno e delle reiterate gesta di Kolya. A questo si aggiunge una moglie smaniosa di concorrere con la sorella a chi conduce la vita più agiata. Il suocero, poi, alterna nei suoi confronti fastidio, perplessità e blanda compassione.

Un giorno arriva una chiamata dall’ambasciata ucraina in Lussemburgo. Il padre sparito è lì, in fin di vita, ricoverato in un ospedale. La notizia li colpisce come uno schiaffo. Allora che fare? Provare a riannodare un filo aleatorio e comunque destinato in partenza a essere esile e flebile? O preferire perfino una chiazza nera a qualcosa di incompiuto e breve?

La decisione, che maturerà inattesa perchè congiunta, farà affiorare le tensioni sotterranee tra Kolya e Vasya. Da qui scaturiranno sviluppi definitivamente divergenti. O forse finalmente, all’insegna della comprensione e del perdono…

Ramil e Amil Nasirov - Luxembourg Luxembourg

Lukich: l’autobiografia si fa commedia

“Mio padre è morto nel 2016 in una ricca città europea. Non lo conoscevo molto, l’ho visto solo qualche volta. Alcuni dicono che era amico di Antonio Banderas, conosceva di persona Maradona e vestiva Prada. Certamente vogliamo sentire solo cose belle a proposito dei nostri genitori. Quanto è doloroso per tutto noi ammettere i loro fallimenti e scoprire nei loro armadi tute consunte e malconce. Luxembourg, Luxembourg è la mia dichiarazione d’amore per mio padre, che ha passato la vita a scappare. Ho provato a raggiungerlo per così tanto tempo, nella speranza di rispondere alla mia domanda: perché siamo così legati a chi fugge costantemente da noi?”

Queste le parole con cui il regista ucraino ha presentato il film alla Mostra di Venezia  

Vale la pena recuperare il film?

Luxembourg, Luxembourg è un film da vedere per almeno due motivi. In primo luogo perché si rivela azzeccata la scelta del registro comico punteggiato da pochi e ben assestati tocchi e dettagli drammatici. Ciò restituisce il significato autentico di una vita in assenza di padre. Un esempio su tutti, il bisogno di Kolya di toccare gli oggetti dello scomparso, per conferirgli tattilità e consistenza corporea. Una dinamica, questa, messa a fuoco altrettanto efficacemente in After Love

Non c’è esibizionismo né ostentazione nel raccontare un silenzio che sa essere disperante. Antonio Lukich mostra grande pudore e rispetto per i suoi protagonisti. Inoltre, la pellicola apre uno squarcio sulla società e quotidianità ucraina prima dell’inizio del conflitto con la Russia.

Ramil e Amil Nasirov, componenti della band ucraina Kurgan And Agregat, si calano perfettamente nei panni dei due stralunati gemelli. E a rafforzare l’effetto comico che suscitano, contribuisce anche la loro lingua. Si tratta del dialetto Surzhyk della regione Sloboda che, come nelle intenzioni del regista risulta, al tempo stesso, bizzarro e naturale. Un po’ come la vita. Anche quando la voragine di un vuoto sembra essere in procinto di risucchiarci.

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