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Cosa diremmo alla Morte, se avessimo la possibilità di parlarle? Useremmo parole rabbiose, di minaccia e forse anche di accusa. Consideriamo i lutti che ci investono un torto personale. Perciò è facile – forse anche comodo – immaginarla cinica e spietata. E se invece fosse lei per prima stanca dell’ingrato compito che è costretta ad assolvere?

In Destino, film muto del 1921 diretto dal regista Fritz Lang, la Morte irrompe misteriosa e infallibile in un villaggio apparentemente placido. La vicenda si svolge in un momento imprecisato tra 18esimo e 19esimo secolo.

La quotidianità scorre monotona e sonnacchiosa più che rassicurante, grazie all’efficienza di un gruppo di notabili. Finché, a scuotere la comunità dal torpore, arriva uno straniero che vuole acquistare a suon di monete d’oro il terreno confinante con il cimitero.

Sguardo enigmatico e impenetrabile, deciso e risoluto, tanto da non ammettere repliche alla propria richiesta, l’uomo ha intenzione di usare il terreno per realizzare un giardino.

Der muede Tod - Destino - Fritz Lang

Destino: la Morte è condannata alla solitudine

Mura massicce e squadrate, la solidità della costruzione incute timore reverenziale in tutta la comunità. Però, a diffondere una curiosità sgomenta e angosciata è un dettaglio: manca il portone. Da dove si accede al giardino?

A scoprirlo sarà, suo malgrado, una fanciulla giunta nelle vicinanze in preda alla disperazione. Il suo amato è scomparso all’improvviso mentre si trovavano alla locanda Unicorno d’oro. E seduto allo stesso tavolo c’era proprio lo straniero…

Der muede Tod - Destino - Bernhard Goetzke

Mentre la ragazza è ferma vicino all’altissimo muro di cinta, sopraggiunge un folto gruppo di persone di tutte le età. Le vengono incontro. In mezzo a loro c’è anche il suo amato. Lo slancio che fa per toccarlo e stringerlo a sé risulta vano: l’altro è incorporeo, sfugge al suo abbraccio accorato. E seguendo le anime che lo precedono, sembra trovare un varco invisibile attraverso cui entrare nel giardino.

Tuttavia, l’amore e la disperazione che animano la fanciulla le consentono di scoprire il segreto di questo luogo, e arrivare al cospetto della Morte.

La Vita può vincere su un Destino di fine?

– Cosa cerchi nel mio regno, figlia mia? Non ti ho convocato.

– Voglio andare dov’è il mio amore! Dov’è colui che mi hai rubato?

– Io non l’ho rubato, la sua ora è arrivata.

Sono queste le prime parole che si scambiano la ragazza e la Morte, che non ha paura di confessare il suo stato di prostrazione. Il concetto è reso ben chiaro sin dal titolo originale del film: Der müde Tod, la cui traduzione è La stanca Morte.

– O Morte, non c’è modo di riaccendere la sua luce spenta?
Non c’è modo di sconfiggerti? L’amore è più forte della Morte!

– Credimi, il mio compito è duro, sono stanco di vedere la sofferenza dell’uomo.
Vuoi lottare contro di me che sono eterno? Ti darò la mia benedizione se riuscirai a sconfiggermi.

La Morte riaccende una fiammella di speranza nella fanciulla affidandole un compito. Solo se impedirà che si spenga una delle tre candele che le indica, (e che simboleggiano altrettante vite) potrà riavere l’amato.

Da qui si snoda un inserto fantastico che racconta tre esistenze situate in luoghi ed epoche storiche diverse: Baghdad, Venezia e Cina. Purtroppo risulta impossibile cambiare il corso anche solo di uno di questi destini.

La Morte concede alla ragazza un’ultima chance per sconfiggerla. Tutto però è inutile. Si rende così necessaria un’ultima, definitiva, scelta. Se lui non può tornare nel regno dei vivi, forse può essere lei a raggiungerlo nell’aldilà…?

Il primo film fantasy della storia nasce da un rifiuto

Ballata popolare tedesca in sei canti. È così che Fritz Lang decide di presentare Der müde Tod nella didascalia che apre il film. Il regista, attingendo alla narrativa tradizionale, sviluppa la storia giocando con il contrasto e rimando continuo dal visibile all’invisibile, e viceversa.

Destino vede la luce dopo che Lang è stato scartato per la regia de Il gabinetto del dottor Caligari (1920), pilastro del cinema espressionista tedesco assegnato a Robert Wiene. Il film fu il primo della storia ad essere definito fantasy, dopo l’uscita in Inghilterra.

Alla riuscita di Destino contribuisce in modo decisivo l’interpretazione di Bernhard Goetzke nel ruolo della Morte. Impossibile distogliere gli occhi dal suo viso scavato, smunto e livido. Uno sguardo che emana la solitudine inguaribile di chi, avendo esperienza diretta della fine delle cose, sconta una distanza siderale e vertiginosa da qualunque essere umano.

Der muede Tod - Destino - Bernhard Goetzke

Destino Vs Caligari: (insospettabile) continuità nella diversità

Hermann Warm e Walter Röhrig lavorano alle scenografie dei due film, garantendo a entrambi un’efficacia ed un impatto estetico notevole. Creano infatti ambientazioni che, pur essendo molto distanti tra loro, si imprimono con analoga profondità nell’immaginario.

La cifra stilistica de Il gabinetto del dottor Caligari è la deformazione claustrofobica propria delle allucinazioni. A renderla tangibile e palpabile è l’impostazione teatrale dello spazio, costruito bidimensionalmente attraverso il ricorso insistito a linee oblique.

A caratterizzare Destino, invece, sono simmetria e linearità che concorrono alla creazione di uno spazio tridimensionale. Fritz Lang predilige linee orizzontali e piani frontali molto ampi. Tuttavia, il regista non rinuncia al piacere degli effetti speciali capaci di evocare simboli che attraversano le epoche storiche. Uno su tutti, il boccale di birra che si trasforma in clessidra, emblema sommo della brevità e vulnerabilità dell’esistenza umana.

Possibili chiavi interpretative

Da più parti si è sottolineata la stretta connessione tra il film e la coeva situazione in Germania. La Repubblica di Weimar era lacerata da spinte interne contrapposte, nonché falcidiata dalla crisi economica.

Der muede Tod - Destino

Destino, quindi cristallizzerebbe il sentimento di ineluttabilità e impotenza dell’uomo, consapevole che qualunque sua azione non potrà mai incidere sul corso degli eventi. A governarlo c’è un’entità suprema, della cui volontà è emanazione la Morte. Questa, perciò, si limita a eseguire quello che è stato deciso ad un livello più alto. Da qui l’amareggiata stanchezza che svela alla fanciulla.

In un’interessante e articolata recensione pubblicata sulla rivista Uzark, Mariangela Sansone scrive che la battaglia ingaggiata dall’uomo contro la morte è una battaglia persa, condannata ad un unico, ineluttabile, epilogo: la resa.

Eppure, penso che Fritz Lang cerchi di suggerire un ulteriore scatto, constatata l’impossibilità di contrastare la morte. Attingendo alle proprie risorse, quantitativamente limitate, ma qualitativamente rilevanti, l’uomo può esorcizzare la fine, attutirne l’impatto distruttivo e l’irrevocabilità.

Gli antidoti, di volta in volta, possono essere la memoria, l’abnegazione, la sublimazione del sentimento per chi non c’è più attraverso un gesto creativo.

E il fatto che Luis Buñuel, uno degli esponenti più rappresentativi del surrealismo, abbia dichiarato di aver capito di voler fare cinema proprio dopo aver visto Destino, mi sembra una convincente riprova di questo.

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2 responses to “I migliori film muti – Destino (Fritz Lang)”

  1. […] Amore e Morte: Destino, il film muto che ha inaugurato il genere fantasy […]

  2. […] I migliori film muti – Destino (Fritz Lang) […]

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